lunedì 29 giugno 2015

Il fenomeno del caporalato agricolo in Puglia e le sue schiave

Posted on 23 giugno 2015 by Donne in rosso


foto di Luigi Paradiso -Assemblea regionale del PCdI, Taranto 19 giugno 2015

foto di Luigi Paradiso -Assemblea regionale del PCdI, Taranto 19 giugno 2015

Pubblichiamo un intervento sul terribile problema del caporalato femminile ancora esistente nell’agricoltura che la compagna Ilaria Saracino ha tenuto durante l’Assemblea regionale del PCdI di venerdì 19 giugno a Taranto.
Un altro grave problema che interessa la nostra regione è il fenomeno del caporalato femminile nell’agricoltura. Fenomeno nato decenni addietro nel nostro Mezzogiorno, dove vi erano i grandi latifondisti, e combattuto all’epoca con numerose battaglie sociali e affrontato dalla stessa CGIL e quindi da Di Vittorio, che con il passare del tempo sembrava fosse scomparso anche per via della trasformazione del latifondo grazie alle riforme agrarie degli anni 60 del secolo scorso; invece si scopre che esso non solo non è scomparso, ma si è enormemente sviluppato in modo silente e non manifesto adattandosi e raggirando la normativa che di volta in volta veniva realizzata.
Infatti, molti di noi di questo fenomeno ne sono a conoscenza in quanto lo vedono o lo vivono personalmente nei propri comuni o nelle proprie famiglie, nelle altre parti d’Italia invece, se n’è avuta conoscenza solo attraverso specifici fatti di cronaca, come ad esempio, ricorderete tutti, la protesta dei braccianti extra-comunitari di Rosarno e Nardò tra il 2010 e il 2011. Ultimamente qualche notizia riappare su testate giornalistiche e sul web mentre la testimonianza diretta si è avuta attraverso varie denunce di programmi televisivi nazionali.
Si pensi che solo in Puglia il caporalato agricolo sfrutta 40 mila donne italiane e 18 mila straniere. Le italiane partono dai vari comuni pugliesi alle tre e mezza della mattina, facendo rientro alle loro case non prima delle diciotto, per raggiungere i campi di lavoro in Puglia, in Basilicata e in Calabria percorrendo centinaia di chilometri a bordo di furgoni telonati e pullman Gran Turismo. Le straniere invece effettuano le stesse ore di lavoro vivendo nei capannoni, che i caporali allestiscono come dormitori e persino molto spesso anche in stalle assieme agli animali. Generalmente il lavoro che svolgono le braccianti riguarda la raccolta di ciliegie, di fragole, di uva, di pesche e di agrumi in campi aperti e nelle serre per almeno 10-12 ore al giorno, oppure si arrivano a raggiungere le 15 ore se si lavora nei magazzini per il confezionamento dei prodotti. L’intero sistema è organizzato in maniera formalmente legale e lecita tanto che i caporali molto spesso sono anche proprietari dei pullman Gran Turismo e risultano essere agenti di viaggio, ma in realtà organizzano l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.
Purtroppo la necessità economica e la disperazione che vivono le famiglie pugliesi induce queste lavoratrici ad accettare condizioni disumane, come ricatti di vario genere e persino ricatti sessuali, e ad accettare il sistema senza alcuna protesta e denuncia perché, lo si deve ribadire, hanno il terrore di essere punite in diverse maniere. Tanto avviene anche perché le lavoratrici non trovano alcun sostegno o punto di riferimento sindacale e politico che possa rappresentare le loro istanze di lavoratrici sfruttate. Difatti, nonostante nel 2011, in seguito alle rivolte spontanee di Nardò e Rosarno, sia stato emanato il D.L. n. 138, art 12 che prevede il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sino ad oggi sono state prodotte solo 15 denunce e nessuna altra forma di protesta. Ciò non fa altro che testimoniare quanto il sistema di tutela e di rappresentanza sia assente o qualora sia presente è miseramente inadeguato e inefficace.
fonte

https://donneinrosso.wordpress.com/2015/06/23/il-fenomeno-del-caporalato-agricolo-in-puglia-e-le-sue-schiave/