giovedì 13 ottobre 2016

Le rose di Atacama - di Luis Sepulveda



Il viaggio, il vagabondaggio per il mondo, è qui che si collocano le storie raccolte in questo libro. Lo scrittore narra le vicende di personaggi anonimi e marginali incontrati per il mondo, uomini e donne che hanno in comune l'aver fatto della propria vita una forma di resistenza. Un amico cileno che ha diretto la rivista Analisis, prima barricata della lotta contro Pinochet. Un cantante che ha partecipato alla Primavera di Praga. Un cameraman olandese ucciso dall'esercito del Salvador. Uomini che non hanno mai sperato di uscire dai margini, ma che per una volta sono affiorati, con le loro storie, dal buio dell'oblio. Come le rose che, in un solo giorno dell'anno, ricoprono il deserto di Atacama.




“Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori.”
(Le Rose di Atacama di Luis Sepúlveda)

Le rose di Atacama - di Luis Sepulveda





Il viaggio, il vagabondaggio per il mondo, è qui che si collocano le storie raccolte in questo libro. Lo scrittore narra le vicende di personaggi anonimi e marginali incontrati per il mondo, uomini e donne che hanno in comune l'aver fatto della propria vita una forma di resistenza. Un amico cileno che ha diretto la rivista Analisis, prima barricata della lotta contro Pinochet. Un cantante che ha partecipato alla Primavera di Praga. Un cameraman olandese ucciso dall'esercito del Salvador. Uomini che non hanno mai sperato di uscire dai margini, ma che per una volta sono affiorati, con le loro storie, dal buio dell'oblio. Come le rose che, in un solo giorno dell'anno, ricoprono il deserto di Atacama.





“Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori.”
(Le Rose di Atacama di Luis Sepúlveda)

Le rose di Atacama - di Luis Sepulveda



Il viaggio, il vagabondaggio per il mondo, è qui che si collocano le storie raccolte in questo libro. Lo scrittore narra le vicende di personaggi anonimi e marginali incontrati per il mondo, uomini e donne che hanno in comune l'aver fatto della propria vita una forma di resistenza. Un amico cileno che ha diretto la rivista Analisis, prima barricata della lotta contro Pinochet. Un cantante che ha partecipato alla Primavera di Praga. Un cameraman olandese ucciso dall'esercito del Salvador. Uomini che non hanno mai sperato di uscire dai margini, ma che per una volta sono affiorati, con le loro storie, dal buio dell'oblio. Come le rose che, in un solo giorno dell'anno, ricoprono il deserto di Atacama.



“Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori.”
(Le Rose di Atacama di Luis Sepúlveda)

giovedì 9 giugno 2016

I bambini sono di Sinistra



«I bambini sono di sinistra. Di sinistra, sì, nessun dubbio. Non soltanto per via dei pugnetti stretti in segno di precoce protesta.

I bambini sono di sinistra perché amano senza preconcetti, senza distinzioni.

Sono di sinistra perché si fanno fregare quasi sempre. Ti guardano, cacci delle balle vergognose e loro le bevono, tutti contenti. Sorridono, si fidano. Bicamerale! Sì, dai!

I bambini sono di sinistra perché stanno insieme, fanno insieme, litigano insieme. Insieme, però.

I bambini sono di sinistra perché se gli spieghi cos’è la destra piangono.

I bambini sono di sinistra perché se gli spieghi cos’è la sinistra piangono lo stesso, ma un po’ meno.

I bambini sono di sinistra perché a loro non serve il superfluo.

Sono di sinistra perché le scarpe sono scarpe, anche se prima o poi delle belle Nike o Adidas o Puma, o Reebok, o Superga gliele compreremo. Noi siamo no-logo, ma di marca!

I bambini sono di sinistra malgrado l’ora di religione obbligatoria.

I bambini sono di sinistra grazie all’ora di religione obbligatoria.

I bambini sono di sinistra perché comunque, qualsiasi cosa tu gli dica che assomiglia vagamente a un ordine, fanno resistenza. Ora e sempre.

I bambini sono di sinistra perché occupano tutti gli spazi della nostra vita.

I bambini sono di sinistra perché fanno i girotondi da tempi non sospetti.

I bambini sono di sinistra perché vanno all’asilo con bambini africani, cinesi o boliviani e quando il papà dice: “Vedi, quello lì è africano” lo guardano come si guarda una notizia senza significato.

I bambini sono di sinistra perché quando si commuovono piangono, mentre noi adulti teniamo duro, non si sa bene perché.

I bambini sono di sinistra perché se li critichiamo si offendono. Ma se li giudichiamo non invocano il legittimo sospetto e se li condanniamo aspettano sereni l’indulto che prima o poi arriva: la mamma, Ciampi, il Papa.
“Papà posso vedere la cassetta?”. Chi l’ha detto? “Il Papa”.

I bambini sono di sinistra perché si fanno un’idea del mondo che nulla ha a che fare con le regole del mondo.

I bambini sono di sinistra perché se gli metti lì un maglioncino rosso e un maglioncino nero scelgono il rosso salvo turbe gravi, daltonismo o suggerimento di chi fa il sondaggio.

I bambini sono di sinistra perché Babbo Natale somiglia a Carlo Marx.

Perché Cenerentola è di sinistra, perché Pocahontas è di sinistra, perché Robin Hood è di avanguardia operaia… fa gli espropri proletari.

I bambini sono di sinistra perché hanno orrore dell’orrore. Perché di fronte alla povertà, alla violenza, alla sofferenza soffrono.

I bambini sono di sinistra perché il casino è un bel casino e perché l’ordine non si sa cos’è.

I bambini sono di sinistra perché crescono e cambiano.

I bambini sono di sinistra perché tra Peter Pan e Che Guevara prima o poi troveranno un nesso.

I bambini di sinistra, se ce la fanno, conservano qualcosa per dopo. Per quando diventa più difficile, difficilissimo, ricordare di essere stati bambini. Di sinistra, poi.»

Claudio Bisio


mercoledì 4 maggio 2016

LE RAGIONI DEL NO AL REFERENDUM MODIFICHE COSTITUZIONALI


Supera il bicameralismo?
NO, lo rende più confuso e crea conflitti di competenza tra Stato e regioni, tra Camera e nuovo Senato

Produce semplificazione?
NO, moltiplica fino a dieci i procedimenti legislativi e incrementa la confusione

Diminuisce i costi della politica?
NO, i costi del Senato sono ridotti solo di un quinto e se il problema sono i costi perché non dimezzare i deputati della Camera?

È una riforma innovativa?
NO, conserva e rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari.

Amplia la partecipazione diretta da parte dei cittadini?
NO, triplica da 50.000 a 150.000 le firme per i disegni di legge di iniziativa popolare

È una riforma chiara e comprensibile?
NO, è scritta in modo da non essere compresa

È una riforma legittima?
NO, perché è stata prodotta da un parlamento eletto con una legge elettorale (Porcellum) dichiarata incostituzionale

È il frutto della volontà autonoma del parlamento?
NO, perché è stata scritta sotto dettatura del governo

Garantisce la sovranità popolare?
NO, perché insieme alla nuova legge elettorale (Italicum) già approvata espropria la sovranità al popolo e la consegna a una minoranza parlamentare che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri

Garantisce l'equilibrio tra i poteri costituzionali?
NO, perché mette gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale) in mano alla falsa maggioranza prodotta dal premio










lunedì 2 maggio 2016

Odio gli indifferenti


“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti" 

Antonio Gamsci.



Meglio costruire un tavolo più lungo

""un popolo di cento persone ha 100 fette di pane, se vince il capitalismo, il più forte, il più veloce, il più furbo cercano, insieme, di accaparrarsi più fette di pane possibili, il resto viene diviso tra gli altri, se vince il socialismo è tassativo: una fetta di pane per ciascuno!"" 
Non sarà l'elemosina "dei potenti e delle religioni" la salvezza dell'umanità, ma il diritto ad una vita dignitosa, ovunque si nasca, ovunque uno vada, ovunque, nel Mondo, ci sarebbe da vivere liberi e felici se l'umanità mandasse al governo esseri umani!



mercoledì 23 marzo 2016

Interrotto il servizio di raccolta rifiuti alla Marina di Lizzano.

Ieri, alcune famiglie residenti alla Marina di Lizzano hanno protestato perché 3 - 4  giorni addietro sono stati rimossi i contenitori per la raccolta dei rifiuti ed è stato interrotto  il servizio. Gli uffici comunali hanno riferito che tale interruzione è dovuta alla  modifica  della  tipologia di raccolta, nel senso che dalla indifferenziata si passerà alla differenziata porta a porta, e al cambio della ditta appaltatrice che dovrà provvedere alla raccolta e smaltimento.  A dire degli stessi uffici comunali, alla marina,  il servizio di raccolta differenziata dovrebbe iniziare a maggio 2016. Nel frattempo i residenti  e gli utenti in genere  della marina non sanno come fare a smaltire i loro rifiuti.   In questa assurda situazione è facile immaginare quello che accadrà i prossimi giorni, durante le vacanze pasquali, quando come consuetudine, in molti raggiungeranno le nostre coste per festeggiare  la giornata di Pasqua e Pasquetta.  La Cons. Com. Ilaria Saracino  ha inviato una lettera aperta al  sindaco e all’A.C. di Lizzano  per invitarli ad adottare provvedimenti immediati  per la risoluzione del grave problema e per riavviare immediatamente, con qualsiasi modalità si ritenga, un servizio pubblico necessario che è stato illegittimamente interrotto. L’irresponsabilità dell’A.C.   anche in questo caso è sconcertante e preoccupante. 

Come in altre occasioni, considerata la gravità del problema, la Saracino ha inviato la lettera al Prefetto di Taranto chiedendo il suo intervento per risolvere l’increscioso problema.



Qui  di seguito alleghiamo la lettera inviata. 


Oggetto: Lettera aperta in merito al disservizio di raccolta e smaltimento rifiuti alla Marina di Lizzano

La sottoscritta è stata interessata dalle lamentele di alcuni proprietari di abitazioni ubicate alla Marina di Lizzano, sia residenti annuali sia utilizzatori stagionali,  in merito alla rimozione dei cassonetti dalla litoranea ove venivano conferiti i rifiuti. Gli uffici comunali riferivano che la rimozione dei cassonetti è dovuta al prossimo avvio della raccolta differenziata alla marina e che si prevede inizierà a maggio. Nel contempo gli utenti delle abitazioni della marina non comprendono come poter conferire e smaltire i propri rifiuti visto che è stato interrotto il servizio di raccolta precedente (raccolta indifferenziata ), ma non è stato avviato il nuovo servizio di raccolta differenziata. Tra l’altro, neanche nel territorio circostante la marina, vi sono cassonetti, di modo che gli utenti non hanno la possibilità di conferire i rifiuti in alcun modo.

Con la presente la sottoscritta invita il Sindaco e l’Amministrazione Comunale ad adottare provvedimenti urgenti per la risoluzione del grave problema dei rifiuti che si è creato alla nostra marina. Nel senso che l’A.C. deve proseguire con la raccolta indifferenziata alla marina sino all’avvio della differenziata ovvero deve anticipare la raccolta differenziata immediatamente per non interrompere un servizio pubblico indispensabile.

La situazione è ancora più grave se si consideri che in questo periodo di festività pasquali la marina viene raggiunta da un numero maggiore di residenti e utenti e dunque l’interruzione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti produrrà danni all’ambiente e alla salute dei fruitori.

La presente come in intestazione viene inviata anche al Prefetto di Taranto affinché possa sensibilizzare il Sindaco e l’A.C. di Lizzano a intervenire tempestivamente.

Lizzano 22/03/2016                                                                                 

      Cons.Com.Dott.ssa Ilaria Saracino


domenica 13 marzo 2016

GRAVISSIME RESPONSABILITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE - ENORME DANNO ERARIALE DI NOTEVOLE RILEVANZA ECONOMICA PER LA CITTADINANZA.

Lizzano- denuncia della cons. Ilaria Saracino per i danni erariali causati dall’A.C.


La cons. comunale Ilaria Saracino con   una interrogazione  presentata in data 8/3/2016, prot. 2903,  denunciava gli ingenti danni  al patrimonio comunale causati dalla totale incuria e dal totale disinteresse degli amministratori comunali, i quali sin dal loro insediamento,  maggio 2013, non si sono preoccupati di effettuare alcun intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria ad alcun immobile.

La situazione è ancora più grave anche perché le precedenti amministrazioni di centro destra, rappresentate dallo stesso sindaco Macripò, e costituite al 70% dagli stessi amministratori, hanno omesso irresponsabilmente qualunque intervento di ripristino e di manutenzione dei beni del comune di Lizzano. 
La Saracino nella sua denuncia, che inviava per conoscenza al Prefetto di Taranto, affinchè quest’ultimo possa adottare i provvedimenti di sua competenza, elencava gli immobili  facenti parte del patrimonio comunale ormai ridotti in condizioni disastrose, inutilizzati e abbandonati da anni, tra questi vi sono: il plesso scolastico di via Tevere, un fabbricato non vecchio, ma che cade a pezzi a causa di infiltrazioni di umidità e dello stato di abbandono, oggetto tra l’altro di atti di vandalismo, con un cortile che sembra una vera e propria discarica; l’edificio della scuola materna di via Fontanelle, fabbricato di recente costruzione, chiuso dal sindaco da circa un anno perchè  pericolante, utilizzato per soli 13 anni, il cui cortile circostante appare come una vera e propria boscaglia, dove proliferano insetti e topi, basti pensare che per il consolidamento dell’edificio sarebbero sufficienti poche decine di migliaia di euro; l’edificio della cosiddetta  “scuola a sette aule”, una struttura che era stata completata negli anni 2000 per ospitare alcuni corsi della media superiore, era dotata di tutte le attrezzature scolastiche e di tutti i conforts  per alunni e docenti, anche questa abbandonata, mai utilizzata, e a causa della mancata vigilanza è stata saccheggiata da vandali e ladri, i quali hanno asportato gli impianti tecnologici, gli arredi, gli infissi e parti dello stesso edificio, il fabbricato presenta inoltre danni di umidità, distacco delle piastrelle, degli intonaci  e del pavimento, e il cortile circostante è divenuto un’altra discarica a cielo aperto.
 La stessa situazione, anzi forse ben più grave, per l’edificio realizzato per  l’Agrimercato, ubicato nella zona industriale, nuova costruzione terminata pochi anni addietro, mai utilizzata, fatta oggetto di furti e atti di vandalismo a causa di omessa vigilanza, praticamente semidistrutta; allo stesso modo per i locali dell’ex macello comunale. La dott.ssa Saracino nella sua denuncia, elencava anche gli immobili parzialmente utilizzati ma che da quando si è insediata l’A.C. di centro destra non è mai stata effettuata la necessaria manutenzione ordinaria o straordinaria, quali il palazzo Majorano, dove al piano terra è ubicato il museo civico, la Torre dell’orologio, la chiesetta dell’Annunziata, il centro sportivo tensostatico, la caserma dei Carabinieri, il campo sportivo comunale e le infrastrutture adiacenti, il cimitero e i locali tecnici, e poi strade rurali comunali  e  vie e piazze del centro abitato che non vengono riasfaltate e manutenute da almeno dieci anni, ecc…. 

Ma la situazione più  indecorosa e vergognosa  è rappresentata    dagli edifici in cui sono ubicati gli uffici comunali: 

1)  l’edificio di via Mazzini  presenta alla facciata e alle pensiline varie lesioni, si sono distaccate  le lastre di marmo del rivestimento, si sono rigonfiati e sono caduti parte degli intonaci e parti di cemento delle travi, sono fuoriusciti i ferri da pilastri e travi che le costituivano,  i quali  si vanno assottigliando e consumando a causa dell’erosione della ruggine, all’interno, il pavimento, in alcune parti presenta rigonfiamenti e distacchi e alcuni muri sono interessati da danni di umidità; 
2) il  vecchio palazzo municipale di  c.so Vittorio Emanuele, che presenta lesioni pericolose alla facciata esterna, ai cornicioni architettonici e ai balconi, all’interno presenta lesioni varie alle pareti e al pavimento, quest’ultimo risulta distaccato in più parti. 
La Saracino, inoltre, aveva già denunciato, in altre interrogazioni, gli episodi incresciosi avvenuti alla scuola Manzoni, dove sono intervenuti i vigili del fuoco per la caduta delle finestre e alla scuola media Chionna, gravemente  danneggiata dall’umidità, ma ne fa menzione anche in questa interrogazione per sollecitare gli interventi di ripristino. Altra  attenzione particolare merita, invece, la situazione degli impianti per la depurazione delle acque reflue e il riutilizzo delle stesse ai fini irrigui in agricoltura, per cui  su tale argomento  è stata nella giornata odierna presentata una interrogazione ad hoc.  Si rammenta che la realizzazione di tale opera, iniziata nel 2000 e mai attivata, sulla quale intervenne la Magistratura Penale  per le note vicende giudiziarie, costò complessivamente  otto miliardi e cento milioni  di lire, di cui circa due miliardi era la quota di partecipazione del comune di Lizzano; oggi risulta ancora abbandonata e pesantemente danneggiata da atti vandalici e furti. La Saracino ha chiesto alla maggioranza  che su questi argomenti si svolga un consiglio comunale monotematico, vista la rilevanza economica per la cittadinanza.

Nella sua interrogazione  la cons. di minoranza Saracino ha rivolto  all’A.C. le seguenti domande:  

quali sono gli interventi di manutenzione che l’A.C. intende da subito effettuare e su quali immobili?; 
a quanto ammontano i danni arrecati al patrimonio comunale a causa della omessa manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili ivi compresi?; 
se l’A.C. intende utilizzare alcuni immobili, a quali scopi e quali tra  quelli facenti parte del patrimonio?;
chi risarcirà i cittadini lizzanesi per i danni erariali ( arrecati al patrimonio pubblico comunale) a causa della omessa manutenzione ordinaria e straordinaria?. 

La  cons. comunale Saracino ha invitato l’A.C. a eliminare una volta per tutte gli  enormi sprechi di denaro pubblico e di destinare tale denaro unitamente ad altre risorse, alla necessaria manutenzione degli immobili facenti parte del patrimonio comunale. Ha inoltre, sollecitato l’A.C. a gestire  il patrimonio comunale  in modo adeguato e nell’interesse esclusivo della comunità. Ad oggi ancora la Saracino non ha ricevuto risposta alcuna. 
La richiesta del consiglio comunale monotematico  sarà avanzata con la sottoscrizione di un quinto dei componenti di tale organo come da regolamento, quindi sarà sufficiente la richiesta anche di una parte dei consiglieri di minoranza.

martedì 8 marzo 2016

Ogni contrada è patria del ribelle - 8 marzo tra storia e lotta

Ora è sparita anche la Rosa rossa, non si sa dov'è sepolta.

Siccome ai poveri ha detto la verità / i ricchi l'hanno spedita nell'aldilà.
Qui giace sepolta / Rosa Luxemburg / Un'ebrea polacca /
Che combattè in difesa dei lavoratori tedeschi / Uccisa / Dagli oppressori tedeschi.
Oppressi / Seppellite la vostra discordia
B. Brecht, Epitaffio per Rosa Luxemburg



Le origini della festività
Sono diffuse diverse origini della festività, si ipotizizza che   istituzione risalga al 1907 nel corso della VII Conferenza dell'Internazionale socialista di Stoccarda (18-24 agosto), quando fu sollevata la questione femminista su proposta di Rosa Luxemburg di dedicare un giorno ai diriti delle donne. Il Congresso votò una risoluzione nella quale si impegnavano i partiti socialisti a "lottare energicamente per l'introduzione del suffragio universale delle donne",
La festa della donne si svolse per la prima volta domenica 28 febbraio 1909, ma ebbe solo carattere nazionale perchè si svolse negli Stati Uniti grazie all'organizzazione dell partito socialista americano.

"Le delegate socialiste americane, forti dell'ormai consolidata affermazione della manifestazione della giornata della donna nel loro paese, decisero di proporre durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi nella Folkets Hus (Casa del popolo) di Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910, cioè due giorni prima dell'apertura dell'VIII Congresso dell'Internazionale socialista, di istituire una comune giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
Aleksandra Kollontaj. La prima celebrazione internazionale si ebbe l'11 marzo 1911, quando numerose manifestazioni si tennero in Austria, in Danimarca, in Svizzera, in Germania e negli USA. Secondo la testimonianza di Aleksandra Kollontaj, quella data fu scelta perché, in Germania, «il 19 marzo 1848 durante la rivoluzione il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne». L'8 marzo 1917 (23 febbraio secondo il calendario non riformato) le operaie di Pietroburgo (Russia) manifestarono, accanto agli uomini, contro la guerra e la penuria di cibo (nell'ambito della rivoluzione di febbraio)
Alcune femministe italiane (Irene Giacobbe, Tilde Capomazza, Marisa Ombra) ipotizzano che per rendere più universale e meno caratterizzato politicamente il significato della ricorrenza, si preferì omettere il richiamo alla Rivoluzione russa ricollegandosi ad un episodio non reale, ma verosimile, della storia del movimento operaio degli Stati Uniti
" (1)

In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta soltanto nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d'Italia, che la celebrò il 12 marzo. In quei giorni fu fondato il periodico quindicinale Compagna, che il 1º marzo 1925 riportò un articolo di Lenin, scomparso l'anno precedente, che ricordava l'8 marzo come Giornata internazionale della donna, la quale aveva avuto una parte attiva nelle lotte sociali e nel rovesciamento dello zarismo.


L'incendio della fabbrica Triangle
L'incendio della fabbrica Triangle, avvenuto a New York il 25 marzo 1911, fu il più grave incidente industriale della storia di New York. Causò la morte di 146 persone, per la maggior parte giovani operaie di origine italiana e dell'est europeo. L'incendio di New York è uno degli eventi commemorati dalla «Giornata Internazionale della Donna» ma non è da questo, come erroneamente riportato da alcune fonti, che trae origine la Giornata della donna. La connotazione fortemente politica della Giornata Internazionale della Donna, l’isolamento politico della Russia e del movimento comunista e, infine, le vicende della Seconda guerra mondiale, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione. Così, nel dopoguerra, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York, facendo probabilmente confusione con l'incendio della fabbrica Triangle. 

Il pomeriggio del 25 marzo 1911, un incendio che iniziò all'ottavo piano della Shirtwaist Company uccise 146 operai di entrambi i sessi. La maggioranza di essi erano giovani donne italiane o ebree dell’Europa orientale. Poiché la fabbrica occupava gli ultimi tre piani di un palazzo di dieci piani, 62 delle vittime morirono nel tentativo disperato di salvarsi lanciandosi dalle finestre dello stabile non essendoci altra via d'uscita.
I proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris, che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e l’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari. Migliaia di persone presero parte ai funerali delle Operaie


La giornata internazionale della donna 
Il capitalismo unisce all'eguaglianza puramente formale l'ineguaglianza economica e, quindi, sociale. è questa una delle sue caratteristiche fondamentali, ipocritamente dissimulata dai sostenitori della borghesia, dai liberali, e non compresa dai democratici piccolo-borghesi. Da questa caratteristica del capitalismo deriva, tra l'altro, la necessità di riconoscere apertamente l'ineguaglianza capitalistica nel momento in cui si lotta decisamente per l'eguaglianza economica e, in determinate condizioni, questo riconoscimento va posto addirittura in termini espliciti alla base dello Stato proletario (Costituzione sovietica).
Ma, neanche per quanto riguarda l'eguaglianza formale (l'eguaglianza davanti alla legge, l'"eguaglianza" del sazio e dell'affamato, del possidente e del nullatenente), il capitalismo può dar prova di coerenza. E una delle manifestazioni più eloquenti della sua incoerenza è l'ineguaglianza tra l'uomo e la donna. Nessuno Stato borghese, per quanto progressista, repubblicano e democratico, ha concesso la completa eguaglianza dei diritti.
Al contrario, la Repubblica sovietica russa ha spazzato via di colpo, senza eccezioni, ogni traccia giuridica dell'inferiorità della donna e ha garantito immediatamente alla donna l'eguaglianza giuridica completa. E' stato detto che l'indice più importante del progresso di un popolo è lo stato giuridico della donna. C'è in questa formula una parte di profonda verità. Da questo punto di vista soltanto la dittatura del proletariato, soltanto lo Stato socialista, potevano raggiungere e hanno raggiunto il grado più avanzato di progresso.
Per questo il nuovo impulso, di una forza senza precedenti, del movimento operaio femminile è legato alla creazione (e al consolidamento) della prima repubblica sovietica e, al tempo stesso, dell'Internazionale comunista.
A coloro che il capitalismo opprimeva in modo diretto o indiretto, totale o parziale, il regime dei soviet, e soltanto questo regime, assicura la democrazia. La condizione della classe operaie e dei contadini più poveri l'attestano chiaramente. Lo attestano chiaramente le condizioni della donna.
Ma il regime dei soviet è lo strumento della lotta finale, decisiva per l'abolizione delle classi, per l'eguaglianza economica e sociale. La democrazia, anche la democrazia per gli oppressi dal capitalismo, ivi compreso il sesso oppresso, non ci basta.
Il movimento operaio femminile si pone come compito principale la lotta per conquistare alla donna l'eguaglianza economica e sociale, e non soltanto quella formale. Far partecipare la donna al lavoro sociale, produttivo, strapparla alla "schiavitù domestica", liberarla dal peso degradante e umiliante, eterno ed esclusivo della cucina e della camera dei bambini: ecco qual è il compito principale.
Sarà una lotta lunga perché esige la trasformazione radicale della tecnica sociale e dei costumi. Ma essa si concluderà con la completa vittoria del comunismo.

4 marzo 1920
Lenin, Opere complete, vol. 30, Editori Riuniti, pagg. 367-368 



8 Marzo: le donne nella Resistenza
La guerra di Liberazione ha visto una rivoluzione culturale di non poco conto, quella della donna italiana, che usciva dall’arretratezza nella quale il fascismo l’aveva tenuta.
Mussolini aveva predicato per vent’anni alle donne “la sottomissione e la bellezza” – così diceva lui – di stare a casa a fare la calza. “La donna è la regina del focolare”, diceva la propaganda fascista. Strana regina, di un focolare nel quale, in molti, troppi casi, non si garantiva neppure il pane.
In realtà, si sanciva in ogni legge l’inferiorità della donna! Non ha diritto al voto, sono escluse dall'in- segnamento delle lettere e della filosofia, sono escluse dai posti di responsabilità di dirigenza scola-stica, dall’amministrazione pubblica, dalla magistratura e, a parità di lavoro con gli uomini, hanno salari molto inferiori. Nonostante ciò, durante il ventennio, le donne hanno avuto momenti di ribellione e di lotta. Voglio ricordare soprattutto le mondine dell’Emilia-Romagna e del Novarese che rivendicavano le otto ore di lavoro (ricordiamo la famosa canzone “Se otto ore vi sembran poche”, perché lavoravano anche 10/12 ore al giorno), e alcuni scioperi delle operaie tessili e di altre categorie per migliori condizioni di lavoro e di salario. Anche durante il fascismo quindi, pur sotto un clima di paura, le donne non hanno sempre accettato supinamente la loro condizione di “inferiorità”, poi la guerra, i lutti, il razionamento dei generi alimentari, i bombardamenti che distruggono le case, le fabbriche. La guerra cambia un po’ le cose: gli uomini servono per le guerre. Le donne allora vengono impiegate in loro sostituzione in ogni campo: nelle scuole, nelle fabbriche, nell’amministrazione pubblica, nei servizi civili.
Iniziamo così a vedere per le strade le postine, le tranviere, le ferroviere; nelle campagne assumono la direzione delle aziende agricole. Arriva poi l’8 settembre del ’43. L’esercito è abbandonato a se stesso, i soldati scappano per sottrarsi al rastrellamento dei tedeschi che invadono le nostre città, e sono le donne che, rischiando, li nutrono,li aiutano, li nascondono, forniscono loro i vestiti affinché non si facciano individuare con la divisa che ancora indossano. Io credo che siano state proprio le donne a iniziare la Resistenza, col loro intervento di aiuto ai soldati, che rappresentò anche una reazione naturale, nemmeno forse organizzata, ma che servì senza dubbio a salvare migliaia di persone. Anche se purtroppo sappiamo che altrettante migliaia furono arrestate e mandate ai lavori forzati in Germania.
Seguì la Resistenza vera, la ribellione di massa delle donne, perché di questo si tratta.
Inizia da quel momento il risveglio, la presa di coscienza di un gran numero di donne di ogni strato sociale, di ogni idea politica e religiosa. E alla Resistenza partecipano in tante, numerose, in decine di migliaia, e svolgono tante mansioni.
Sono le cosiddette “staffette”, che contribuiscono in tanti modi. Combattono in montagna e in città, assicurano i collegamenti, il rifornimento di viveri, armi, medicinali, vestiario, la preparazione di documenti falsi, la ricerca di alloggi necessari per chi deve nascondersi, la diffusione della stampa clandestina. Ricordiamoci di un giornale che venne fondato e diffuso allora dalle donne della Resistenza: “Noi Donne” che esiste ancora oggi. Erano le donne che spesso dovevano scriverlo, stamparlo e diffonderlo, ed ebbe una funzione importante di orientamento e mobilitazione per tante altre donne. Le “staffette” si occupano, tra l’altro, della cura dei partigiani feriti, poiché non sempre è possibile ricoverarli in ospedale.
Si occupano dei contatti con le famiglie dei combattenti e dei carcerati. In definitiva le “staffette” hanno svolto varie e molteplici mansioni, che risultarono spesso decisive per la vita delle stesse brigate partigiane.
Mansioni in apparenza semplici, ma che in realtà richiedevano intelligenza, prontezza e attenzione, si correva il rischio dell’arresto, delle torture e della morte.
Alla fine della guerra, dai documenti del Ministero della Difesa, e vorrei citarli perché forse sono poco conosciuti, si hanno queste cifre e questi dati:
2.500 cadute o fucilate;
35.000 riconosciute partigiane combattenti;
20.000 patriote;
512 commissarie di guerra;
2.750 deportate;
2.653 arrestate e torturate;
19 insignite di Medaglia d’Oro al valor militare; numerose di Medaglia d’Argento;
70.000 furono le donne che aderirono e lottarono nei gruppi di Difesa della Donna
un’organizzazione che riuscì a mobilitare migliaia di donne nella Resistenza, per l’assistenza ai “Volontari della Liberta”.
Questa organizzazione unitaria di massa diede un grande aiuto alle brigate partigiane.
La prima conseguenza di questo grande e indispensabile contributo alla liberazione dal nazifascismo fu la conquista al diritto di voto, deciso dal governo del Comitato di Liberazione Nazionale, quando ancora la guerra non era finita.
Un diritto che non rappresenta un regalo, ma il giusto riconoscimento dell’insostituibile apporto fornito alla lotta di Liberazione. Abbiamo poi il 2 giugno ’46. Per la prima volta nella storia d’ltalia le donne votano, nel referendum “repubblica o monarchia”, e vince la repubblica! Abbiamo ragione di ritenere che siano state tante, soprattutto al nord le donne che hanno scelto la repubblica. Sempre nel 1946 si apre la fase costituente, l’assemblea di coloro che redigeranno la Carta costituzionale. In questa assemblea vengono elette 21 donne. La presenza delle donne nella Costituente, con alle spalle la partecipazione alla lotta di Liberazione e la conoscenza diretta della condizione femminile, è stata senz’altro decisiva nella formulazione degli articoli, nei quali vengono stabilite norme di parità tra uomini e donne. Ne cito solo alcuni, ma sarebbero più numerosi: l’articolo 3, che stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociali; l’articolo 37, sulla parità di salario tra uomo e donna; l’articolo 41, per l’accessibilità delle donne agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Ho citato solo questi tre articoli,ma nel complesso la Costituzione è la più grande conquista democratica e di libertà che gli uomini e le donne che hanno preso parte alla Resistenza hanno ottenuto per tutti gli italiani. E decisiva è risultata la presenza delle donne.
Ricordiamo le conquiste più significative del dopoguerra, in conseguenza della lotta della Resistenza, ottenute mediante lotte incessanti e con manifestazioni popolari unitarie.
Noi riteniamo che tutte queste leggi siano state anche il risultato della lotta nella Resistenza, perché già allora noi lottavamo per la libertà e la democrazia del nostro Paese, ma rivendicavamo sin da allora, per le donne, un avvenire diverso, una posizione uguale agli uomini, nella famiglia, nella società e in tutte le leggi. Seguì poi l’approvazione di altre leggi, che cito soltanto: sulle pari opportunità; le pensioni alle casalinghe; il divorzio; la tutela della maternità; l’interruzione volontaria della gravidanza, la legge 194 . Concludo il mio intervento dicendo che sappiamo, che in questo momento, sono in atto tentativi revisionisti per cancellare il passato, per rinnegare gli ideali della guerra di Liberazione e della Costituzione, pietre miliari su cui invece si dovrebbe marciare speditamente verso il futuro. Marzo 2008

Con questo intendiamo far capire che quanto abbiamo vissuto, sofferto, conquistato, non vada perso, ma diventi patrimonio prezioso per le generazioni future.

Onorina Brambilla Pesce, marzo 2008
Da Patria Indipendente n. 1/2010



Una celebrazione militante di Aleksandra Kollontaj (Mosca 1920)
La Giornata delle Donne (o Giornata delle donne lavoratrici) é una giornata di solidarietà internazionale e un giorno per ricordare la resistenza e l'organizzazione delle donne proletarie. [..] Ma se questa è una festa per tutto il proletariato perché la chiamano Giornata della donna? Perché teniamo incontri e celebrazioni dedicate in modo particolare alle operaie e alle contadine? Non può questo, forse, offuscare l'unità e la solidarietà della classe lavoratrice?
Per rispondere a queste domande dobbiamo fare un passo indietro. A come e perché fu organizzata la Giornata della donna.

Come e perché è stata organizzata la giornata della donna?
Non molto tempo fa, in effetti circa dieci anni fa, la questione dell'uguaglianza della donna e la questione della sua partecipazione al governo accanto agli uomini erano fortemente dibattute. La classe operaia in tutte le nazioni capitalistiche lottava per i diritti delle lavoratrici: la borghesia non voleva accettare queste rivendicazioni. Non era nel suo interesse rafforzare il voto della classe operaia nel parlamento; e in tutti i paesi i borghesi ostacolarono il passaggio di leggi che davano più diritti alle lavoratrici.
I socialisti del Nord America premevano sulla propria rivendicazione del voto con particolare insistenza.
Il 28 febbraio 1909 le donne socialiste degli Stati Uniti organizzarono grandi manifestazioni e incontri in tutto il paese, rivendicando i diritti politici per le donne lavoratrici. Questa fu la prima "Giornata della donna". L'iniziativa per l'organizzazione di questa giornata spetta quindi alle operaie d'America.
Nel 1910 alla Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Operaie, Clara Zetkin portò avanti la proposta di organizzare una Giornata internazionale delle donne lavoratrici. La conferenza decise che ogni anno, in ogni paese, si sarebbe celebrata nello stesso giorno, una "Giornata della Donna" sotto lo slogan "Il voto alle donne unirà la nostra forza nella lotta per il socialismo".
In quegli anni la richiesta di rendere il parlamento più democratico allargando appunto il suffragio ed estendendolo alle donne era una questione vitale. Precedentemente alla prima guerra mondiale gli operai avevano il diritto di voto in tutte le nazioni borghesi ad eccezione della Russia. Solo le donne, come i malati di mente, rimanevano senza questo diritto. Allo stesso tempo però, la dura realtà del capitalismo esigeva che la donna partecipasse all'economia della nazione. Ogni anno c'era un incremento nel numero di donne che lavoravano nelle fabbriche e nei negozi, o come domestiche o donne a ore. Queste donne lavoravano accanto agli uomini e producevano con le loro mani la ricchezza del paese. Ma restavano senza diritto di voto.
Ma negli ultimi anni prima della guerra l'aumento dei prezzi spinse anche le casalinghe più pacifiche ad interessarsi delle questioni politiche ed a protestare ad voce alta contro la politica di saccheggio della borghesia. Le "rivolte delle casalinghe" divennero sempre più frequenti, infiammandosi in momenti diversi in Austria, Inghilterra, Francia e Germania.
Le lavoratrici compresero che non era sufficiente fracassare i banchetti al mercato o minacciare qualche commerciante: capirono che queste azioni non abbassavano il costo della vita. Bisognava cambiare la politica del governo. E per realizzare questo, la classe lavoratrice doveva ottenere che fosse esteso il diritto di voto.
Fu deciso di istituire una Giornata delle donne in ogni nazione come forma di lotta per il diritto di voto. Questa giornata doveva essere una giornata di solidarietà internazionale nella lotta per obiettivi comuni e per misurare la forza delle donne lavoratrici organizzate sotto la bandiera del socialismo.

La prima giornata internazionale delle donne
La decisione presa al Secondo Congresso Internazionale delle Donne Socialiste non fu lasciata sulla carta. Fu deciso di tenere la prima Giornata Internazionale delle donne il 19 marzo 1911. Questa data non fu scelta a caso. Le nostre compagne tedesche scelsero questo giorno perché rivestiva un'importanza storica per il proletariato tedesco. Il 19 marzo 1848 il re di Prussia conobbe per la prima volta la forza del popolo armato e si arrese di fronte alla minaccia della rivolta proletaria. Fra le molte promesse fatte - e che più tardi si sarebbe rimangiato - c'era l'introduzione del diritto di voto per le donne.
Dopo l'11 gennaio vennero compiuti molti sforzi in Germania e in Austria per preparare la Giornata delle donne. Fu reso noto, sia attraverso il "passa parola" che tramite la stampa, il progetto di una manifestazione. Nella settimana antecedente alla Giornata delle donne apparvero due giornali: "Il voto alle donne" in Germania e la "Giornata delle donne" in Austria. I vari articoli dedicati alla Giornata della donna - Donne e parlamento, Le donne lavoratrici e gli affari comunali, Cosa deve fare la casalinga rispetto alla politica ?... - analizzavano a fondo la questione dell'uguaglianza delle donne nel governo e nella società. Tutti gli articoli sottolineavano lo stesso punto e cioè che era assolutamente necessario rendere il parlamento più democratico estendendo il diritto di voto alle donne.
La prima Giornata Internazionale delle Donne si tenne nel 1911. Il suo successo andò oltre ogni aspettativa. In Germania e in Austria la giornata fu un mare impetuoso di donne. Incontri furono organizzati ovunque - nelle piccole città e perfino nei villaggi le sale erano così stracolme che si doveva chiedere ai lavoratori uomini di lasciare il posto alle donne.
Questa fu certamente la prima manifestazione di militanza delle lavoratrici. Gli uomini rimanevano a casa con i bambini mentre le mogli, le casalinghe-prigioniere, andavano agli incontri. Durante il più largo dei cortei, cui presero parte circa 30.000 donne, la polizia decise di sequestrare le bandiere delle dimostranti: le operaie resistettero. Nei tafferugli che seguirono, solo l'intervento dei parlamentari socialisti evitò spargimenti di sangue.
Nel 1913 la "Giornata internazionale delle Donne" fu spostata all'8 Marzo. Questo giorno è rimasto un giorno di militanza delle donne lavoratrici.

È necessaria la giornata della donna?
In America ed in Europa questa giornata ottenne risultati straordinari. E' pur vero che nessun singolo parlamento borghese intese fare concessioni ai lavoratori o rispondere alle rivendicazioni delle donne. In quel momento, la borghesia non era minacciata da una rivoluzione socialista.
Ma la Giornata della donna ottenne qualcosa. Divenne soprattutto un eccellente metodo di agitazione tra le meno politicizzate delle nostre sorelle proletarie. Anche quando non potevano intervenire, la loro attenzione veniva attirata dagli incontri, dalle manifestazioni, dalle locandine, dai volantini e dagli articoli sui giornali dedicati alla Giornata della donna. Anche le più arretrate politicamente tra le donne lavoratrici dicevano a sé stesse: "oggi è il nostro giorno, la festa delle donne che lavorano" e correvano agli incontri e alle manifestazioni. Dopo ogni Giornata delle donne lavoratrici sempre più donne entravano a far parte dei partiti socialisti e i sindacati dei lavoratori crescevano. L'organizzazione migliorava e la coscienze politica si sviluppava.
La Giornata delle donne ebbe anche un'altra funzione: rafforzò la solidarietà internazionale fra i lavoratori. Solitamente, in questa occasione, i partiti di paesi diversi si scambiavano gli oratori: i compagni tedeschi andarono in Inghilterra, i compagni inglesi in Olanda... La coesione internazionale della classe operaia diventava più forte e più risoluta e ciò significava che la lotta collettiva del proletariato stava crescendo.
Ecco il grande risultato di questa giornata di mili­tanza. La giornata di militanza delle donne lavoratrici aiutava la crescita della coscienza e dell'organizzazione del proletariato femminile, il cui contributo è necessario ed essenziale al successo di tutte le battaglie per un futuro migliore della classe operaia.

La giornata delle donne lavoratrici in Russia
Le lavoratrici russe presero parte per la prima volta ad una Giornata delle donne nel 1913. Erano tempi reazionari in cui lo zarismo teneva operai e contadini nella sua stretta morsa. Non erano pensabili celebrazioni della Giornata delle donne con aperte manifestazioni. Ma le lavoratrici organizzate furono comunque capaci di partecipare alla giornata internazionale.
Entrambi i giornali legali della classe operaia - il bolscevico "Pravda" e il menscevico "Looch" - riportavano articoli circa la Giornata Internazionale delle donne: riportavano articoli speciali, ritratti di alcune militanti nel movimento delle donne lavoratrici e saluti da compagni come Bebel e Clara Zetkin.
In questi anni tristi gli incontri erano vietati. Ma a Pietrogrado, al Kalashaikovsky Exchange, le donne operaie che appartenevano al partito organizzarono un dibattito pubblico sulla "Questione della donna". L'entrata costava cinque copechi. Pur essendo l'incontro illegale la sala era stracolma. Parlarono membri del partito. Ma questo animato e "chiuso" dibattito si interruppe bruscamente quando la polizia, avvertita del'incontro, intervenne e arrestò molti degli oratori. Per i lavoratori di tutto il mondo ebbe un grande significato che le donne russe, pur sotto la repressione zarista, potessero unirsi in qualche modo alla Giornata internazionale delle donne. La Russia si stava svegliando; le prigioni zariste e le forche avevano sempre meno potere e non potevano più sopprimere lo spirito di lotta e di protesta degli operai.
Nel 1914, la Giornata delle donne in Russia fu organizzata meglio. Entrambi i giornali dei lavoratori parteciparono alla celebrazione. Le nostre compagne si impegnarono a fondo nella preparazione di questa giornata. A causa dell'intervento della polizia non riuscirono a promuovere una manifestazione e quelle coinvolte nella progettazione della Giornata delle donne lavoratrici si ritrovarono rinchiuse nelle prigioni zariste e molte furono successivamente mandate al freddo confino del nord. Per questo lo slogan "per il voto alle lavoratrici" è diventato in Russia un richiamo aperto al rovesciamento dell'autocrazia zarista.

Le donne lavoratrici durante la guerra imperialista
Scoppia la prima guerra mondiale. La classe operaia di ogni paese versa il proprio sangue. Nel 1915 e 1916 il Giorno delle Donne non ebbe molta risonanza. Le donne socialiste che condividevano le idee del partito bolscevico provarono a trasformare l'8 marzo in una manifestazione di donne operaie contro la guerra. Ma i traditori del Partito Socialista in Germania e in altri paesi non permisero alle donne socialiste di organizzare incontri e furono rifiutati loro i passaporti che servivano per andare nei paesi neutrali dove le lavoratrici intendevano tenere incontri internazionali e mostrare in faccia alla borghesia che lo spirito della solidarietà internazionale continuava a vivere.
Nel 1915 solo in Norvegia fu organizzata una manifestazione internazionale nella Giornata delle donne; vi parteciparono rappresentanti della Russia e dei Paesi neutrali. Non si poteva pensare ad organizzare una Giornata delle donne in Russia perché il potere zarista e la sua macchina militare erano scatenati.
Quindi arrivò il grande, meraviglioso, 1917. Fame, freddo e tribolazioni della guerra ruppero la pazienza delle operaie e delle contadine russe. L'8 marzo del 1917 (23 febbraio), proprio nella Giornata delle donne, invasero le vie di Pietrogrado. Le donne - lavoratrici, mogli di soldati, contadine - chiedevano "pane per i nostri figli", "ritorno dei nostri mariti dal fronte". In quei momenti decisivi, le proteste delle lavoratrici furono così decise che persino le forze di sicurezza zariste non usarono le solite maniere contro la rivolta ma, disorientate, guardavano quel mare tempestoso di rabbia popolare.
Il "giorno delle donne" del 1917 divenne una data memorabile nella storia. Le donne russe impugnarono la torcia della rivoluzione proletaria e incendiarono il mondo intero. La Rivoluzione di Febbraio data il suo inizio in questo giorno.

Il nostro richiamo alla battaglia
La Giornata della donna lavoratrice fu organizzata per la prima volta 10 anni fa nella campagna per l'uguaglianza della donna e la lotta per il socialismo. Questo obiettivo è stato raggiunto dalla donna della classe operaia in Russia. Nella Repubblica Sovietica le operaie e le contadine non hanno più bisogno di lottare per il diritto di voto e per i diritti civili. Hanno già ottenuto queste vittorie. Le operaie e le contadine russe hanno uguale cittadinanza - nelle loro mani c'è un'arma potente nella lotta per una vita migliore - il diritto al voto per prendere parte ai Soviet e in tutte le organizzazioni collettive.
Ma ottenere i diritti, di per sé, non è abbastanza. Dobbiamo imparare ad usarli. Il diritto al voto è un'arma che dobbiamo maneggiare a nostro vantaggio e per il benessere della Repubblica dei lavoratori.
Nei due anni di potere sovietico, la vita non è cambiata del tutto. Siamo ancora solo allo stadio della lotta per il Comunismo, accerchiate dal mondo che abbiamo ereditato da un passato buio e repressivo. Le catene della famiglia, del lavoro domestico, della prostituzione… gravano ancora pesantemente sulle donne. Le operaie e le contadine possono sbarazzarsi di questa situazione e conquistare una vita di reale uguaglianza, non solo attraverso le leggi, ma mettendo tutte le proprie energie per far diventare la Russia una vera società comunista.
E per accelerare i tempi dobbiamo anzitutto rimettere in sesto quest'economia frantumata. Dobbiamo affrontare in modo prioritario due compiti: la creazione di una forza lavoro politicamente cosciente e ben organizzata e la ristrutturazione dei trasporti. Se lavoreremo bene avremmo di nuovo motori, le ferrovie cominceranno a funzionare. Questo vuol dire che le operaie e gli operai avranno pane e legna da ardere che servono disperatamente.
Con i trasporti efficienti anche la vittoria del comunismo sarà più spedita. E con la vittoria del comunismo avremo la completa e fondamentale uguaglianza delle donne. Per questa ragione il messaggio della Giornata delle donne lavoratrici di quest'anno deve essere "donne operaie, contadine, madri, mogli e sorelle tutti gli sforzi dovranno essere concentrati nell'aiutare gli operai e i compagni a superare il caos delle ferrovie e a ristabilire i trasporti. Tutti gli sforzi per il pane, la legna e le materie prime". L'anno scorso lo slogan era "tutta la vittoria sul fronte rosso". Ora chiamiamo le operaie a dimostrare la loro forza su un nuovo fronte: il fronte del lavoro !
L'Armata Rossa sconfisse il nemico esterno perché era organizzata, disciplinata e pronta al sacrificio. Con l'organizzazione, il duro lavoro, l'autodisciplina e il sacrificio la Repubblica dei Lavoratori sconfiggerà il nemico interno - la destrutturazione dei trasporti e dell'economia, la fame, il freddo, le malattie. "Tutti sul fronte del lavoro fino alla vittoria! Tutti per questa vittoria !"

I nuovi obiettivi del "giorno delle donne"
La Rivoluzione d'Ottobre dette alle donne gli stessi diritti civili degli uomini. Le donne del proletariato russo che non molto tempo fa erano le più sfortunate e oppresse, ora, nella Repubblica Sovietica riescono a mostrare con orgoglio ai compagni d'altre nazioni il percorso per l'uguaglianza politica attraverso la dittatura del proletariato e il potere sovietico.
La situazione è molto differente nelle nazioni capitaliste dove le donne sono ancora oberate di lavoro e sottopagate. In questi paesi la voce della donna operaia è debole e senza vita. È vero che in Norvegia, Australia, Finlandia e in alcuni stati del Nord America le donne hanno ottenuto diritti civili prima della guerra. In Germania, dopo la caduta del Kaiser, si instaurò la repubblica borghese capeggiata dai "conciliatori"; 36 donne entrarono in Parlamento, ma neppure una comunista! Nel 1919, in Inghilterra, una donna fu eletta per la prima volta membro del Parlamento. Ma chi era ? Una "lady", un'aristocratica, una latifondista. Anche in Francia la questione del voto alle donne ha assunto un'importanza sempre maggiore. Ma a cosa servono questi diritti per le lavoratrici in un parlamento borghese? Fino a quando il potere è nelle mani dei capitalisti e dei latifondisti, i diritti politici non salveranno l'operaia dalla tradizionale condizione di schiavitù nella casa e nella società. La borghesia francese è pronta a dare il voto alle donne, sì, ma solo per contrastare la diffusione delle idee bolsceviche nel proletariato.

Signor borghese è troppo tardi !
Dopo l'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre è chiaro ad ogni operaia, in Francia, in Inghilterra e in altri paesi, che solo la dittatura del proletariato, solo il potere dei Soviet può garantire una completa ed assoluta uguaglianza; la vittoria definitiva del comunismo spezzerà le catene secolari della repressione e della mancanza di diritti.
Se in origine lo scopo della Giornata internazionale della donna lavoratrice era di lottare contro la supremazia parlamentare della borghesia e per il diritto di voto alle donne, la classe operaia adesso ha un nuovo compito: organizzare le lavoratrici intorno alle parole d'ordine della Terza Internazionale. Invece di partecipare solo ai lavori del parlamento borghese ascoltate il richiamo della Russia:
Donne di tutte le nazioni! Organizziamoci in un fronte proletario unito nella lotta contro coloro che stanno saccheggiando il mondo! Basta con il parlamentarismo della borghesia! Salutiamo il potere sovietico! Basta con le disuguaglianze patite dai lavoratori e dalle lavoratrici! Lottiamo con gli operai per il trionfo mondiale del comunismo. Questa chiamata che è stata ascoltata per la prima volta nelle lotte per una nuova società e nelle battaglie della guerra civile sarà recepita nei cuori delle operaie di altri paesi. Le lavoratrici ascolteranno e comprenderanno la giustezza di questo richiamo.
Fino a poco tempo fa le lavoratrici pensavano che mandare qualche rappresentante in Parlamento potesse migliorare la loro vita e rendere più tollerabile l'oppressione del capitalismo. Adesso la pensano diversamente. Solo l'abbattimento del capitalismo e l'instaurazione del potere sovietico le salverà dalle sofferenze, dalle umiliazioni e dalle disuguaglianze che rendono, nel capitalismo, la vita delle lavoratrici così dura. La Giornata della donna lavoratrice passa da giornata di lotta per il diritto al voto a giornata di lotta internazionale per la completa e assoluta liberazione delle donne, vale a dire lotta per la vittoria dei Soviet e per il comunismo !

Basta con il mondo della proprietà e del potere del capitale!
Via la disuguaglianza, la mancanza di diritti e l'oppressione delle donne, eredità del mondo borghese!
Verso l'unità internazionale dei lavoratori e delle lavoratrici nella lotta per la dittatura del proletariato - il proletariato di entrambi i sessi!


Auguri a tutte le donne in lotta dalla parte giusta della barricata. 

fonte esterna